Inutile negarlo, quando si parla di impianti rinnovabili il pensiero corre irrimediabilmente ai pannelli solari fotovoltaici. Dipenderà forse dal forte sviluppo che ha avuto questa tecnologia negli ultimi anni, o forse dal fatto che la possibilità di imbrigliare l’energia della luce trasformandola in elettricità ha qualcosa di misterioso, quasi magico.
Ovviamente, nella realtà, la magia non centra. Il funzionamento di questa tecnologia è legato al fenomeno fisico che permette a specifici materiali detti semiconduttori, di trasformare, appunto, la luce in energia elettrica: l’effetto fotoelettrico. Nel caso più comune, il materiale usato è il silicio, che deve essere contaminato con delle impurezze per dar luogo a silicio di tipo P, quando contaminato o “drogato” con boro e alluminio, e silicio di tipo N, quando drogato con arsenico, fosforo e antimonio.
In un pannello fotovoltaico, la cella base è formata dalla così detta giunzione P-N, cioè un cristallo di silicio che da un lato è prevalentemente drogato di tipo N e dall’altro di tipo P, così da ottenere una zona con prevalenza di elettroni e l’altra invece con assenza di elettroni prevalenza di cariche fittizie positive, chiamate anche lacune.
Quando la struttura di un cristallo viene colpita dalla luce del Sole, quest’ultima in parte viene riflessa, in parte si trasforma in calore ed in parte viene “assorbita” dal materiale, che ne utilizza l’energia per rompere i legami nella struttura cristallina e produrre spostamento di carica elettrica al suo interno.
Partendo da questo fenomeno fisico, negli ultimi anni la tecnologia del fotovoltaico ha registrato una grande evoluzione: nuove forme dei pannelli, migliore efficienza, tutto nell’ottica di aumentare la convenienza economica e di renderne meno invasivo l’impatto visivo.
E proprio da quest’ultima esigenza è nato, nel 2013, il fotovoltaico trasparente, celle solari invisibili a occhio nudo, create per assorbire specifiche lunghezze d’onda della luce, quali gli ultravioletti e gli infrarossi. Nella configurazione originaria, questi pannelli sono strutturati come una sorta di sandwich: gli strati esterni sono costituiti da vetro e plastica, oltre che da film antiriflesso e materiali in grado di rimbalzare specifiche lunghezze d’onda. Al centro si trovano invece gli strati attivi, i materiali semiconduttori che assorbono fotoni per rilasciare elettroni e gli elettrodi trasparenti, il tutto collegato ad un circuito esterno che trasporta la corrente generata dal dispositivo.
Ma se esistono dei pannelli fotovoltaici trasparenti, per quale motivo non sostituiamo tutti i vetri, tutte le finestre e tutte le superfici non opache, così da riuscire a soddisfare il nostro intero fabbisogno energetico senza più carbone, gas o centrali nucleari? La risposta è molto semplice: l’efficienza dei pannelli fotovoltaici trasparenti è ancora troppo bassa (circa 5%) per rendere una tale operazione conveniente.
Si tratta allora solo di un sogno? Secondo lo scienziato Richard Lunt, uno dei più assidui sostenitori di questa tecnologia, assegnista di ricerca al MIT e ora professore associato di Ingegneria Chimica e Scienza dei Materiali alla Michigan State University, si tratta di un sogno, questo sì, ma destinato a diventare realtà. Il ricercatore afferma infatti che il fotovoltaico trasparente è riuscito negli anni a migliorare la sua efficienza (2% nel 2013) e può realisticamente raggiungere un rendimento superiore al 12%, anche se, chiarisce lo stesso Lunt, sarà impossibile raggiungere i livelli dei pannelli opachi (attualmente 18% circa), almeno nel breve periodo.
Visto però l’immenso potenziale di applicazione vale sicuramente la pena proseguire nella ricerca. I ricercatori hanno calcolato che negli USA sono disponibili circa 6 miliardi di metri quadrati di superficie di vetro: facendo due conti, adottando il solare trasparente si potrebbe fornire circa il 40 per cento della domanda elettrica nazionale.
Ing. Alfero Daniele
Collaboratore tecnico
Professional Team