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UNI10200:2013 - SECONDE CASE E ALLOGGI DISTACCATI

distacco

Riprendiamo la nostra consueta redazione di articoli tecnici e normativi analizzando uno dei problemi più caldo di questo periodo ...

 

A mano a mano che la scadenza del 31 dicembre 2016 si avvicina, la questione della contabilizzazione e termoregolazione del calore si dimostra sempre più complessa da un punto di vista giuridico. Complice infatti una non chiara procedura di suddivisione delle spese quando ci si ritrova in presenza di seconde case o di appartamenti distaccati dal riscaldamento centralizzato, stanno, lentamente ma inesorabilmente, insorgendo numerose problematiche, che sicuramente daranno parecchi grattacapi in futuro.


Abbiamo già più volte parlato del problema delle seconde case, per le quali la procedura attualmente inserita nella UNI 10200 non può essere utilizzata. Questo per ammissione dello stesso ente normatore, che ha comunque annunciato una futura revisione della norma. Tuttavia non è questo l’ergomento su cui ci vogliamo soffermare in questo articolo.


Un altro problema è infatti rappresentato dagli edifici in cui sono presenti uno o più appartamenti che in passato, in un modo o in un altro, si sono distaccati dall’impianto centralizzato. I proprietari di questi alloggi devono pagare le spese fisse? E se sì, quanto devono pagare? Analizziamo attentamente la questione.


Partiamo dal codice civile dove, all’Art 1118, comma 4 leggiamo: “Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.”

 

Risulta quindi evidente che come una certa percentuale delle spese, quella che un tempo era chiamata quota fissa, deve essere sostenuta anche da coloro che non utilizzano più l’impianto condominiale. Tuttavia, secondo la procedura di ripartizione delle spese esposta nella UNI 10200, la “nuova quota fissa” sarà composta in parte dalle spese legate alla manutenzione e mantenimento della caldaia e in parte dalla quota di consumo involontario, ovvero le dispersioni della rete. Ed è proprio per questo motivo che le cose si complicano.

 

Se infatti la parte della quota fissa riguardante la manutenzione e la conservazione dell’impianto dovrà sicuramente essere pagata anche dal proprietario dell’appartamento distaccato, come comportarsi con i consumi involontari?

 

Generalmente infatti, all’atto del distacco di un appartamento, ci si limita a mettere un tappo alla tubazione proveniente dalla cladaia centralizzata, lasciando in loco tutte le diramazioni che andavano a servire l’appartamento. Questa parte dell’impianto, seppur non utilizzata, è comunque percorsa dall’acqua calda e contribuisce quindi alle dispersioni per il solo fatto di esistere. Ed esiste proprio a causa della presenza dell’appartamento.

 

In realtà, ad interpretazione letterale dal comma 4, queste dispersioni non fanno parte delle spese legate alla manutenzione e quindi non dovrebbero essere pagate. Tuttavia analizzando più attentamente la questione si giunge a conclusioni diametralmente opposte.

 

Le dispersioni infatti non sono legate all'utilizzo in sé della cosa comune, perché, indipendentemente dal fatto che una persona sia allacciata alle tubazioni o meno, nelle tubazioni l'acqua calda passa comunque e, a seconda di dove si trova e di come è fatto l'impianto, dovrebbe comunque circolare, anche se tutti fossero distaccati, per evitare che il bene comune (caldaia e tubazioni) si danneggi a causa del gelo. Quindi, dovendo partecipare alle spese di conservazione, in questo caso il distaccato sarebbe tenuto a pagare.

 

Un altro caso in cui sembra logico che il distaccato paghi è quando quest'ultimo può trarre vantaggio dalle dispersioni (appartamento sopra il locale caldaia, tubazioni che passano nei muri dell'appartamento o nell'appartamento). In questo caso infatti il condomino ha rinunciato di fatto solo in parte all'utilizzo dell'impianto, che quindi continua a scaldare anche il suo appartamento. Continuando quindi a godere, anche se solo parzialmente, del bene è logico che paghi la parte di spese concorrenti al godimento di tale servizio.

 

Secondo questi ragionamenti parrebbe quindi più che sensato affermare che anche i proprietari di un appartamento distaccato devono contribuire alle spese dovute alle dispersioni, tuttavia la questione potrebbe non essere delle più semplici. Sarà infatti molto difficile che qualcuno decida di farsi carico di queste spese senza lamentarsi, visto che il distacco aveva appunto lo scopo di evitare le spese dovute ai consumi dell’impianto centralizzato.

E in alcuni casi queste lamentele avrebbero anche un fondamento.

 

Consideriamo ad esempio un condominio ubicato in una zona dove le temperature invernali si mantengono su valori abbastanza miti, senza raggiungere lo zero, se non in casi eccezzionali. In questo caso l’impianto non ha necessità di funzionare per evitare danni a causa del gelo e se l'appartamento in questione non trae vantaggio dal calore disperso dalle tubazioni (magari è al penultimo piano, i tubi sono pochi e passano sull'esterno del muro), il contributo alle dispersioni sarebbe davvero irrisorio e non avrebbe grande senso prevederne il pagamento.

 

È quindi assolutamente necessario un intervento del legislatore, che regoli una volta per tutte la questione, in modo da dettare una linea di comportamento sicura agli ingegneri che si occuperanno di eseguire i calcoli relativi alle nuove quote millesimali ed alla ripartizione delle spese.

 

Ing. Alfero Daniele
Professional Team
Collaboratore tecnico